Tutti gli anni organizzo molti corsi dal vivo che riguardano ogni aspetto del magico mondo della cucina tradizionale italiana.
Proprio questo mi ha dato l’esperienza necessaria per riuscire a trasmettere agli altri la mia passione e la mia continua voglia di imparare e migliorami.
Oggi, nello specifico, voglio parlarti di alcune possibili varianti nella preparazione della pizza.
Sei pronto a immergerti nel mio mondo?
Cominciamo!
1. Come preparare la tua pizza
Quella della pizza è una preparazione emozionante e, per me, questo è uno degli aspetti più belli.
Perché?
Perché non è una preparazione scontata: infatti, anche se utilizzi sempre gli stessi ingredienti, non è detto che tu ottenga sempre lo stesso risultato.
Ci sono molti possibili imprevisti… ma se ottieni il risultato atteso e sperato, la felicità e l’emozione sono grandissime.
Nei miei corsi di pizza dal vivo mi vengono poste sempre molte domande, soprattutto perché, perlopiù, partecipano principianti, persone che si approcciano alla pizza per la prima volta e che hanno molte curiosità e domande.
All’inizio della lezione faccio sempre una premessa: “Il 90% delle risposte alle domande che mi vengono fatte sarà DIPENDE”.
È una situazione piuttosto frustrante perché tutti vorrebbero una soluzione un po’ più comoda e facile, lo capisco.
Vorrebbero una ricetta.
Ma quello che dico sempre è:
LA PIZZA NON È UNA RICETTA.
È una preparazione per la quale devi capire alcuni funzionamenti:
· Come funzionano gli ingredienti;
· Come interagiscono gli ingredienti;
· Che tipo di farina usare;
· Che tipo di lievitazione.
Praticamente la pizza è chimica.
Quindi non è importante la ricetta, ma capire cosa ti serve, quale tecnica conosci e come interagiscono gli ingredienti tra di loro.
Giustamente si vorrebbe compiere il minor sforzo possibile e raggiungere un risultato facile attraverso una ricetta scritta, che si possa utilizzare una volta tornati a casa.
Non è proprio così.
Bisogna capire come funziona!
Ci sono tantissime variabili nella preparazione della pizza.
E, quando nei miei corsi ne parlo, ovviamente calibro il discorso seguendo le MIE variabili.
Vediamone insieme qualcuna.
2. Le variabili che non puoi trascurare nella preparazione della pizza
Gli ingredienti: devi sapere che se due pizzaioli utilizzano due farine diverse (magari una più leggera e una più pesante), otterranno due risultati diversi.
O, ancora, il risultato può cambiare anche se utilizzi lievito fresco o se ne usi uno un po’ vecchio.
Però, supponiamo di usare tutti gli stessi ingredienti… la verità è che comunque esistono altre variabili che entrano in gioco.
Tra le varie domande che mi vengono poste, una delle più frequenti riguarda il tempo di lievitazione dell’impasto: “Dopo averlo impastato, quanto tempo va lasciato dentro al frigo e fuori dal frigo?”
Devi sapere che anche la temperatura è una delle variabili più importanti da tenere in considerazione: il calore velocizza la lievitazione e il freddo la rallenta.
Quindi, dopo aver fatto l’impasto, prima di metterlo in frigo per tutta la notte, deve restare per un certo periodo all’esterno, a temperatura ambiente.
Però se fai la pizza a ferragosto o a gennaio, devi considerare due situazioni diverse.
Se prepari la pizza e a casa tua la temperatura è pari a 30-35 o 40°, la lievitazione fuori dal frigo partirà in mezz’ora, massimo un’ora, proprio perché il calore velocizza la lievitazione.
Se invece la fai a gennaio col freddo, la lievitazione comincerà dopo due o tre ore a seconda dell’ambiente.
Quindi, se impasti in un periodo caldo dell’anno, l’impasto deve restare fuori dal frigo per molto meno tempo; viceversa, se impasti in un periodo freddo, dovrà restare fuori dal frigo un po’ di più.
Quindi, la risposta alla domanda “quanto tempo deve lievitare?” è variabile.
Dipende da che pizza devi preparare: ti serve in dieci ore?
Meno tempo al freddo.
In 24 o 48 ore?
Più tempo al freddo.
Un’altra variabile importante è l’ambiente di lavoro: un conto è preparare l’impasto in un panificio professionale in cui tutti i giorni, da trent’anni, si producono pizza, pane e tutti i lievitati in generale, un altro conto è produrre impasti una volta al mese in una casa privata.
Perché?
Perché nell’aria del panificio ci saranno già lieviti, batteri e microrganismi che velocizzeranno la lievitazione; a casa, in un ambiente più asettico, sarà più lenta.
Un’altra variabile che si dà spesso per scontata, ma che a me piace sottolineare, è il gusto:
Molti mi chiedono: “Ma tu la pizza la fai alta o bassa?”
La risposta è che:
La faccio come piace a me!
A me, personalmente, piace un po’ più spessa.
Ma c’è a chi piace più sottile e quindi la mangerà più sottile.
Il gusto è una variabile importante perché non è detto che ciò che piace a te possa piacere anche agli altri.
Questa è la variabile più personale che ci sia.
Altra variabile importante e che, per me, fa la differenza è il tempo a disposizione: per esempio, spesso io faccio i miei corsi di mattina o di sera, quindi l’impasto per la pizza mi serve pronto o per la mattina o per la sera.
Questo vuol dire avere due gestioni e due tecniche diverse tra loro per preparare la pizza.
Un’altra variabile, molto rilevante, è data dai macchinari che utilizziamo: impastare a mano, vecchio stile, è sicuramente diverso dall’impastare con un macchinario come la planetaria.
Perché?
Perché la mano dell’essere umano ha una sua temperatura e, quando si impasta, una parte del calore si trasferisce nell’impasto.
Quindi, siccome col caldo la lievitazione parte prima, se impastiamo a mano la lievitazione parte già durante l’impasto degli ingredienti.
Nel caso si impasti a mano, c’è un’altra variabile da considerare: l’esperienza.
La manualità e la capacità di capire — toccando l’impasto — a che punto siamo si acquisiscono attraverso la pratica e l’esperienza.
Più fai esperienza e più diventa determinante.
Molte persone, spesso, focalizzano la loro attenzione sugli ingredienti della pizza, tralasciando la manualità, la stesura e la cottura… ma sono tutte variabili che, ovviamente, fanno tanta differenza!
Per chi, invece, ha la possibilità di utilizzare una macchina impastatrice, deve considerarne la tipologia.
È il sistema che comunque preferisco, perché la pizza va lavorata almeno per una ventina di minuti e, ovviamente, le prestazioni di una macchina sono diverse da quelle di un essere umano.
Esistono tre tipi di macchine impastatrici: la planetaria(più diffusa in ambito casalingo), l’impastatrice a spirale e quella a bracci tuffanti.
Le ultime due sono più improbabili da trovare in contesto casalingo, sono un po’ più professionali.
La planetaria e la spirale riscaldano abbastanza l’impasto, soprattutto la spirale che, comunque, impasta davvero benissimo.
L’impastatrice a bracci tuffanti, invece, scalda di meno.
Un’altra macchina che fa la differenza nella buona riuscita di una pizza è il forno.
Arrivati a questo punto la domanda che mi viene posta più spesso è: “Ok, una volta fatto tutto, la pizza quanto deve cuocere?”
Anche in questo caso: dipende!
Il tempo di cottura ha diverse variabili che rispondono, quasi tutte, alla tipologia del forno che andrai a utilizzare.
Quindi, che forno hai?
· Professionale o semi-professionale?
· È molto potente?
· A che temperatura arriva? 320° o 350°?
· È un classico forno casalingo?
Io, per esempio, cuocio la pizza in un forno assolutamente casalingo, super basic.
Nella mia scuola di cucina tutti i macchinari sono casalinghi, perché facciamo corsi amatoriali e vogliamo che i partecipanti, una volta a casa, possano replicare alla perfezione (o quasi) la loro esperienza, senza la scusa che manchi un determinato utensile o macchinario.
Faccio la pizza in un forno che arriva a 250° e le mie ricette, le mie tempistiche e le mie pezzature sono calibrate in base al mio forno.
Chi ha la possibilità di avere un forno un po’ più moderno e avanzato — per esempio con la funzione pizza che arriva anche a 320-330° — deve seguire un diverso procedimento: cambiano i tempi di cottura e il livello d’idratazione (quanta acqua devi mettere nella pizza).
Bisogna capire bene che tipologia di forno hai a disposizione e qual è la parte più calda del forno, perché, soprattutto nei forni casalinghi, non si ha una diffusione di calore molto omogenea: c’è sempre una parte più calda che può essere sotto o sopra.
Bisogna conoscere il proprio forno.
Il mio consiglio, quindi, è: impara come funziona la pizza, quali sono i meccanismi che si nascondono dietro agli ingredienti e cerca di modulare queste conoscenze in base ai macchinari, al forno, alle esigenze e al tuo gusto personale.
Tutte queste informazioni sono facilmente reperibili attraverso la lettura di qualche libro o seguendo i tutorial sparsi per la rete.
Ma quale di queste strategie ti permette di provare in modo diretto a preparare la pizza insieme a professionisti del settore?
La soluzione potrebbe nascondersi in uno dei miei corsi dal vivo, a cui ti invito a partecipare.
Potrai apprendere tutti i segreti della pizza fatta in casa, conoscere le due tradizioni di riferimento e imparare a maneggiare gli ingredienti e gli strumenti necessari per realizzare, da solo, questa meraviglia del palato!
Che ne dici?
Ti aspetto!
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