Oggi voglio condividere con te alcune riflessioni sulla mia visione del cibo e della cucina.
Quello che mi spinge a condividerle è la passione che la cucina italiana, romana —e non solo — mi trasmettono.
Durante i miei corsi dal vivo cerco di “contagiare” questa passione a chi si affida a me, facendogli conoscere tutti i trucchi del mestiere.
Cercherò di farlo anche con te attraverso questo nuovo articolo.
Ti parlerò di uno degli aspetti più importanti della mia visione del cibo, dell’alimentazione e dei gusti delle pietanze che mangiamo.
Lo farò prendendo a esempio uno dei cibi più diffusi al mondo che, però, per noi italiani rappresenta oggettivamente un problema: la pizza con l’ananas.
Voglio partire subito da una premessa: noi, in Italia, siamoabituati a non ottenere tutto ciò che vogliamo quando andiamo a mangiare fuori.
1. La customizzazione del prodotto
Qui in Italia, quando andiamo al ristorante o in pizzeria e leggiamo il menù, scegliamo la pizza che ci interessa e il cameriere ce la porta.
Allo stesso modo, al ristorante ordini un piatto dal menù e così ti sarà servito.
Difficilmente funziona come all’estero.
Per esempio, in America, se ordini un cheeseburger puoi chiedere il doppio bacon o il doppio formaggio… insomma: puoi customizzare il prodotto.
In Italia questa cultura non esiste, ordiniamo e mangiamo quello che ci arriva.
Non ci capiterà mai di dire: una carbonara con doppio guanciale o doppio pecorino.
MANGI QUELLO CHE ORDINI PER COME LO CHEF TE LO PROPONE.
A volte succede anche per fanatismo: per esempio, la bistecca alla fiorentina si mangia al sangue; quando la ordini non puoi chiedere che venga cotta di più, perché la “regola” vuole che venga mangiata al sangue.
Non hai scelta, non puoi cambiare.
All’estero, invece, hai la possibilità di customizzare il tuo prodotto.
Ti racconto un piccolo aneddoto per farti un esempio.
Una volta ero in una pizzeria piena di turisti, vicino a una stazione, e al tavolo accanto a me c’erano due ragazzi tedeschi; questi ordinano una pizza con l’ananase il cameriere li guarda sbigottito e sconvolto, come a voler dire:
“Ma siete seri?! Mi avete davvero appena chiesto una pizza con l’ananas?! Il frutto tropicale?!”
Il cameriere va via per chiedere al pizzaiolo se sia possibile esaudire la richiesta, e torna poco dopo per dire ai due ragazzi:
L’ANANAS C’È MA NON LO METTIAMO SULLA PIZZA, LO USIAMO PER LA MACEDONIA… NON POSSIAMO ACCONTENTARVI!
In Italia funziona così: se un cibo non coincide con la nostra tradizione culinaria, non può essere customizzato.
Il dato di fatto, però, è che la pizza con l’ananas si mangia in tutto il mondo: in America, in Germania, in Europa Centrale e in Giappone.
Che ci piaccia o no l’idea, è un cibo diffusissimo che si consuma in tutto il mondo, tranne che in Italia.
In Italia, nella patria della pizza, non si fa: per noi è una vergogna.
2. La pizza all’ananas
Se in tutto il mondo, fuorché in Italia, si mangia questa pizza, vuol dire che il gusto non deve essere poi così male.
Se milioni di persone la mangiano, magari il suo gusto non è tanto malvagio.
Qual è il problema?
Perché in Italia, patria della pizza, non si mangia la pizza con l’ananas?
Il problema si allaccia a un discorso mentale perché nessuno dice mai: “Sì, ho assaggiato la pizza con l’ananas e non mi è piaciuta.”
Approcciandomi a molti turisti stranieri con i miei corsi di cucina, soprattutto per turisti americani a Roma, mi capita spesso di parlare di questa famosa pietanza e le reazioni sono sempre due, anche per gli americani che provengono da un paese in cui la pizza con l’ananas è sdoganata:
· Buona, mi piace e la mangio;
· Non l’ho mai assaggiata e mai lo farò perché è una pizza sbagliata.
Il discorso è questo: di solito le persone non dicono che la pizza all’ananas sia disgustosa perché l’hanno assaggiata e non gli è piaciuta, ma danno la risposta finale che ti ho elencato precedentemente…
Questo perché va contro le “regole basic”della cultura alimentare italiana, e non solo…
L’ananas è un frutto dolce ma acidulo che si usa come dessert e, per il tipo di mentalità che abbiamo, utilizzarlo per guarnire la pizza è sbagliato.
Si dice che prima si mangia con gli occhi e poi con il gusto.
In realtà non è così: è sbagliato!
Il primo organo che “mangia” è il cervello.
Qualsiasi alimento prima di essere buono o cattivo, gustoso o disgustoso, è — o almeno dovrebbe essere — giusto… giusto da pensare.
Il primo elemento che valutiamo di un cibo è il suo essere giusto o sbagliato, se è ammesso nel nostro sistema di regole.
Tutti facciamo parte di una specifica società, in termini di etnia e di nazionalità; ogni società condivideuna serie di regole scritte o non scritte.
Se un cibo è fuori da queste regole non si applica più il discorso di gusto o non gusto (anche perché il gusto è personale e soggettivo) ma quello di giusto o sbagliato (concetti molto più oggettivi).
Ci sono molte variabili che differenziano queste regole come, per esempio, la religione: per milioni di persone, lo saprai già, mangiare il maiale è sbagliato.
Parliamo di chi segue la religione islamica o quella ebraica.
Per noi italiani, o per i cattolici in generale che non seguono alcun tipo di restrizione alimentare, mangiare il maiale è la base:
Del maiale non si butta via niente.
È un prodotto che ha cresciuto gli italiani per secoli.
Un’altra variabile può essere definita da motivi storici: carestie, guerre che hanno influenzato l’agricoltura e l’allevamento e che quindi hanno alterato il corso della storia.
Anche la scoperta dell’America ha cambiato i giochi, perché sono stati individuati nuovi alimenti.
Un’altra variabile è data dai motivi sociologici: il cibo ha sempre rappresentato uno status symbol.
Per esempio, fra i vari tagli di carne ce ne sono alcuni ritenuti più nobili, riservati ai ricchi e al clero; è un’attestazione che viene dal passato.
E c’erano anche i tagli dei ceti più bassi e il “quinto quarto”, gli scarti dell’animale che venivano dati ai poveri.
Insomma, tutto questo ha stabilito una serie di regole per la nostra società.
Basti pensare alla generazione dei nostri nonni, nata in tempo di guerra e carestia, in un’Italia totalmente rurale, cresciuti con il pane integrale perché all’epoca costava di meno, poiché la crusca faceva parte degli scarti.
Adesso, invece, si è ribaltata la situazione: per tutta una serie di motivi, pane integrale e crusca sono visti in modo completamente diverso.
Oggi sono uno status symbol perché costano di più e sono più salutari per il corpo.
Ma nella testa dei nostri nonni il pane integrale resta un simbolo di povertà; questo per ribadire quanto il discorso sia mentale.
SE È GIUSTO PER IL TUO CERVELLO, SARÀ ANCHE BUONO PER IL TUO PALATO.
Tutto si riduce a un discorso meramente culturale.
Un altro esempio è la carne di cavallo che per noi italiani rappresenta un prodotto tradizionale.
A Roma, nella mia città, è andata un po’ in disuso, ma quando mi reco in Puglia, Sicilia o Veneto è normalissimo mangiare carne di cavallo: ci sono macellerie che vendono solo carne di cavallo.
Viceversa, quando parlo con i miei amici americani e, in particolare, con i texani che hanno il mito del cowboy e che sono cresciuti nei ranch, nelle distese e nelle praterie, il cavallo per loro è un pet, un animale domestico.
È impossibile per un americano mangiare carne di cavallo perché è un’azione che considera ingiusta.
È ciò che proviamo anche noi quando sentiamo parlare di carne di cane in un servizio televisivo sulla tradizione culinaria cinese o asiatica: per noi è impensabile e ci fa rabbrividire, perché per noi il cane è un animale domestico; però, per tutta una serie di motivazioni, esistono paesi in cui magiare carne di cane è considerato giusto.
Capisco che il discorso sia un po’ spinoso, ma è così…
Tornando alla pizza con l’ananas, per noi è un abbinamento super sbagliato che non accetteremo mai, perché “non si fa”.
Punto e basta.
Gli italiani sono ritenuti universalmente un popolo simpatico e tranquillo, che si diverte e che fa divertire; però su due aspetti siamo inflessibili: sul cibo e sul calcio.
In Italia abbiamo 60.000.000 di chef e 60.000.000 di allenatori di calcio, quindi se tocchi uno di questi due argomenti con noi, è dura.
Abbiamo delle regole ben precise riguardo l’alimentazione e vediamo ogni elemento bizzarro come una mancanza di rispetto nei confronti della nostra storia e della nostra tradizione.
Ma potrebbe anche essere che, siccome la pizza con l’ananas non è un prodotto nato in Italia, ci sia un po’ d’invidia da parte nostra.
Voglio dirti la verità: nonostante io sia, di solito, molto aperto di mentalità, non l’ho mai assaggiata, perché sulla pizza sono tendenzialmente conservatore.
Infatti, uno dei miei corsi dal vivo che riscuote più successo è proprio quello in cui insegno ai miei ospiti come preparare la pizza fatta in casa… da leccarsi i baffi!
Parlo della pizza della nostra tradizione, la pizza nata in Italia e che poi ha preso due strade principali: la tradizione napoletana e quella romana.
Sono certo che l’argomento ti incuriosisca, perché:
A CHI NON PIACE LA PIZZA?
Ti aspetto in cucina per parlarne meglio e per provare, proprio tu, a mettere le mani in pasta!
A presto,
Matteo Ferroni.